PROGETTI / Restauro & Rifunzionalizzazione

POLIGNANO A MARE (BA) - RESTAURO DI UNA STRUTTURA AGRO-PASTORALE DELL'ABBAZIA DI SAN VITO .

Gli spazi esterni e gli edifici dell’ovile dell’Abbazia di San Vito sono abbandonati da decenni. Usi impropri, manomissioni, diffusione di vegetazione spontanea e, soprattutto, azioni di spoglio di materiale lapideo della costruzione, hanno determinato un diffuso ed avanzato stato di degrado dell’intero complesso. Un primo indispensabile intervento di pulizia e bonifica dei piazzali e degli ambienti è stato di recente effettuato al fine di procedere alla rilevazione dei manufatti, dei quadri umidi e fessurativi, e dello stato di conservazione dei materiali.

In particolare, le murature esterne, tutte lasciate a vista, sono costituite da conci di tufo carparo di Polignano, materiale ormai non più reperibile a causa dell’esaurimento delle cave. I paramenti murari interni e le volte, anch’esse di tufo, sono prevalentemente scialbate con latte di calce. I pavimenti, ove presenti, sono in basole calcaree sia all’interno che all’esterno.
I fenomeni di degrado presenti, localizzati o diffusi, riguardano un po’ tutti i paramenti murari e dipendono da diverse cause. Nella parte basamentale delle murature sono causati da umidità di risalita, in particolare in adiacenza di superfici esterne non pavimentate. Ulteriore presenza di umidità rinviene dalle coperture, ove le protezioni in battuta di cocciopesto risultano deteriorate, fessurate o inesistenti.
Manifestazioni di dissesto sono rilevate sui lati Est ed Ovest della torre, e sul lato Sud del lamione, e sono principalmente dovute alle trasformazioni inadeguate a cui sono stati sottoposti i corpi di fabbrica.
In particolare la torre, nella sua configurazione attuale, è il risultato della sopraelevazione di un “palmento”, struttura a portico costituita da una volta a botte impostata su pilastri ed archi. La costruzione successiva del piano primo con addossamento del corpo scala non è stata realizzata con un’adeguata trasformazione e rinforzo del piano terra. Di conseguenza nel tempo, la volta del piano terra, sollecitata oltre la sua capacità portante, ha subito fessurazioni e depressioni, che in seguito si sono diffuse vistosamente sui paramenti Est ed Ovest del primo piano.
E’ stato necessario effettuare un puntellamento di presidio al fine di evitare aggravamento dei dissesti o crolli. Altri piccoli dissesti localizzati sono presenti sul fronte Sud del lamione, soggetto a trasformazioni con aperture a forza arcuate per realizzare varie postazioni di mangiatoie.
Fenomeni importanti e diffusi di degrado dei paramenti murari sono inoltre causati da spoglio delle murature per reimpiego dei conci di tufo carparo, da erosione ed alveolizzazione in ambiente marino e da dilavamento e polverizzazione delle malte.

Il complesso agro pastorale è ancora organicamente inserito nel poco contaminato paesaggio circostante.
Le costruzioni, le murature di perimetrazione del confine, i muri a secco, la vegetazione, le corti irregolari sono tutti elementi caratterizzanti un insieme architettonico paesaggistico che, pur appartenendo al patrimonio storico minore, conserva il fascino e la suggestione di una civiltà che riusciva a trasformare il territorio conservando un perfetto equilibrio con l’ambiente.
L’insieme si manifesta come un’architettura che nasce primariamente dalle più essenziali esigenze di sussistenza, che ha subito nel tempo costanti mutazioni legate ad esigenze funzionali, in antitesi al patrimonio più nobile che contempla una più specifica ed unitaria progettualità.
Il valore riconosciuto di questi luoghi è legato a doppio filo con il territorio per ragioni molto pratiche. Il reperimento del materiale da costruzione delle cave a mare, l’assecondamento della originale morfologia del territorio e la sua trasformazione all’interno di un ciclo chiuso, hanno determinato un ancestrale e profondo rapporto tra costruito e paesaggio circostante, di fatto intuitivamente “percepibile” nella loro indissolubile unitarietà.

Esaminando gli atlanti della documentazione cartografica allegati al P.U.T.T., l’area su cui insiste il fabbricato risulta compresa nella tavola “Vincoli ex legge 1497 - Serie N.1”; nella tavola “Decreti Galasso” – Serie N.2”; nella tavola “Idrologia superficiale - Serie N.6”; nella tavola “Geomorfologia” – Serie N.10, interessata marginalmente da “ciglio di scarpata/crinale”; rientra inoltre nei “territori costruiti” giusta quanto disposto al punto 5 dell’art.1.03 del piano regionale.
Gli indirizzi di tutela prescrivono il perseguimento di obiettivi di salvaguardia e valorizzazione paesaggistico-ambientale che negli ambiti di valore rilevante “B” prevedono “la conservazione e valorizzazione dell’assetto attuale; recupero delle situazioni compromesse attraverso la eliminazione dei detrattori e/o la mitigazione degli effetti negativi; massima cautela negli interventi di trasformazione del territorio”.
L’intervento soddisfa gli obiettivi di salvaguardia e valorizzazione paesaggistico ambientale nell’ambito B, in quanto prevede un restauro di tipo conservativo dei manufatti esistenti, la rimozione degli elementi detrattori rilevati e la salvaguardia e valorizzazione degli elementi caratterizzanti il contesto.

Le direttive di tutela della componente idrogeologica prescrivono che negli ambiti territoriali di valore rilevante “B” “va mantenuto l’assetto geomorfologico d’insieme e vanno individuati i modi: per la conservazione e la difesa del suolo e per il ripristino di condizioni di equilibrio ambientale; per la riduzione delle condizioni di rischio; per la difesa dall’inquinamento delle sorgenti e delle acque superficiali e sotterranee”.
L’area su cui insiste il fabbricato non è realmente interessata da alcun corso d’acqua superficiale e nel caso in cui ci siano acque sotterranee, il rischio di contaminazione di esse è inesistente, in quanto si prevede un sistema di raccolta delle acque piovane dalle coperture e da tutti gli spazi pavimentati esterni, ed il loro riutilizzo per gli scarichi domestici e per l’irrigazione della vegetazione .

Le direttive di tutela della componente geomorfologia, prescrivono che negli ambiti territoriali di valore rilevante “B” “va mantenuto l’assetto geomorfologico d’insieme e vanno individuati i modi: per la conservazione e la difesa del suolo e per il ripristino di condizioni di equilibrio ambientali; per la riduzione delle condizioni di rischio; per la difesa dall’inquinamento delle sorgenti e delle acque superficiali e sotterranee. In attuazione degli indirizzi di tutela va evitato: la modifica dell’assetto idrogeologico; ogni alterazione della integrità visuale e va perseguita la riqualificazione del contesto”.
L’area su cui insiste il complesso non è realmente interessata da alcun ciglio di scarpata/crinale; lo stesso è presente ma non morfologicamente rilevante, sul confine a Nord dell’adiacente viabilità che costeggia la struttura.
L’intervento non modifica l’assetto geomorfologico dell’area, rimasto inalterato nel tempo. Unica variazione, peraltro superficiale, è lo scavo per la realizzazione della piscina. La profondità, nella parte più elevata, raggiungerà la quota di -1,95 m, all’interno dello strato calcarenitico superficiale (vedi relazione sull’assetto geomorfologico). Sul perimetro dello scavo sarà creato uno strato drenante per favorire lo scorrimento delle acque superficiali. L’area della piscina non sarà più filtrante ma, in compenso, la posa di pavimentazione in basole a secco su tutte le superfici esterne pavimentate costituirà una superficie drenante, che compenserà ampiamente l’area impegnata dalla piscina.
Inoltre sarà realizzato un sistema di raccolta delle acque meteoriche superficiali, per l’impiego nell’attività da insediare.



4 PROGETTO DI RECUPERO FUNZIONALE ED ARCHITETTONICO

La nuova destinazione di tipo turistico - ricettivo proposta per il complesso è probabilmente la più compatibile con la migliore conservazione architettonico ambientale, in quanto si innesta in un contesto turisticamente attrezzato ed in fase di riqualificazione, dotato di spiagge, emergenze storico architettoniche di rilievo ed attrezzature varie di ristoro.
La filosofia di fondo che ha animato la proposta progettuale è quella di non tradire l’anima profonda di questi luoghi, indipendentemente dalle destinazioni finali e dai calcoli teorici di costi e benefici in termini economici. Il dialogo con l’identità si ritiene debba avvenire da una parte tramite un approccio estremamente conservativo e di riproposizione degli elementi degli elementi storicamente esistenti, dall’altra, laddove le esigenze del vivere richiedono nuove soluzioni, con la previsione di interventi che comunque possano dialogare con le caratteristiche dei luoghi.
Il progetto di rifunzionalizzazione prevede la realizzazione di n. 7 minialloggi, di cui n. 4 nel lamione, n. 1 nella torre e n. 2 nel corpo sul confine a Nord-Ovest. I piccoli corpi di fabbrica residui sono destinati ad ospitare le centrali impiantistiche ed i servizi dell’area piscina.
Tutti gli alloggi sono dotati di servizi igienici e zona cottura, e sono dimensionati e suddivisi in modo tale da raggiungere la massima compatibilità architettonica con l’esistente.
Al fine di evitare l’occultamento delle teorie di mangiatoie presenti nel lamione e di ottemperare alla richiesta dell’ UTC di posizionare i servizi all’interno del corpo di fabbrica, è prevista la realizzazione di una quinta muraria interna, opportunamente attrezzata sui due lati, che permette di non addossare arredi fissi agli elementi architettonici originari.
La parete, di spessore adeguato, ha un’altezza contenuta, quindi non interrompe la curvatura della volta e non inficia la spazialità originaria.
Il servizio igienico è coperto e diviso dall’angolo cucina da lastre di cristallo (vedi foto allegate).
In linea con la filosofia di fondo precedentemente illustrata la proposta prevede:

- la corrispondenza delle cubature originarie anche per i volumi tecnici e gli spazi accessori;
- l’uso delle tecniche e dei materiali tradizionali del contesto territoriale e, ove possibile, il reimpiego di materiale architettonico di recupero;
- la mimetizzazione, con diverse soluzioni, degli elementi tecnologici;
- l’uso di elementi di arredo dal design essenziale per i servizi ed i nuovi inserimenti funzionali, in armonia con l’ascetico rigore delle architetture originarie.
La proposta prevede una gestione sostenibile della struttura, in parte attraverso il migliore utilizzo delle caratteristiche proprie delle fabbriche, in parte attraverso l’applicazione delle tecnologie “naturali” in grado di sostenerne in autonomia i consumi.
La grande inerzia termica delle murature e la ridotta dimensione delle aperture permette un basso apporto termico sia estivo che invernale. Si è pertanto evitata la previsione di nuove aperture sui prospetti, sia per la conservazione dell’assetto architettonico originario interno ed esterno, sia per evitare fattori di dispersione. Solo negli ambienti ricavati all’interno del lamione, al fine di garantire i necessari minimi parametri di illuminazione e ventilazione previsti dalle norme, sono state previste sottili aperture sul prospetto nord al di sopra delle mangiatoie, riproponendo una tipologia di varco di luce ed aria già presente nell’Abbazia di San Vito.
Il necessario benchè minimo contributo termico estivo ed invernale per l’ottimizzazione del microclima interno, è ottenuto attraverso l’apporto di un impianto a pompa di calore modulare, totalmente mimetizzato, con diffusori occultati nelle mangiatoie e/o nelle nicchie presenti nelle murature ed opportunamente schermati.
E’ previsto inoltre il completo reimpiego delle acque meteoriche raccolte dalle coperture e dalle corti pavimentate, per gli scarichi idrici dei servizi, per le pulizie, per l’irrigazione e per l’alimentazione della piscina. Solo per i consumi eccedenti e per quelli potabili, si dovrebbe ricorrere all’utilizzo dell’acqua pubblica.
Si ritiene utile sottolineare che la prevista pavimentazione delle corti in basole calcaree, posate a secco, con bordi accostati, ha come scopo principale di permettere la raccolta delle acque meteoriche, mantenendo filtrante la superficie complessiva pavimentata; cosi’ come le aperture sul prospetto nord sono necessarie per garantire il minimo di luminosita’ ed aerazione degli ambienti.
In sostanza sono state previste varianti necessarie ma “compatibili” con lo stato dei luoghi.

Gli interventi proposti in progetto per il recupero degli edifici comprendono il restauro e consolidamento dei paramenti murari e le opere di integrazione strutturale, ove il restauro suddetto non risulterebbe sufficiente a garantire la sicurezza delle fabbriche.
Il risanamento dei paramenti avverrà attraverso una sequenza di operazioni che comprende:
- pulitura manuale ed eventualmente meccanica del paramento con getto d’aria a pressione moderata;
- pulitura meccanica e chimica della vegetazione infestante e della patina biologica;
- stilatura dei giunti, previa scarificazione, se necessaria, con malta di calce e polvere di tufina;
- risarcimento di lesioni superficiali e profonde con malta di calce (aereo o idraulica) e polvere di tufo;
- integrazione di paramento con tecnica a scuci-cuci;
- consolidamenti superficiali di paramenti erosi o danneggiati mediante integrazione a spruzzo di sostanze organiche;
- protezione dei paramenti, ove necessaria, mediante scialbatura di latte di calce.

Le integrazioni strutturali, necessarie esclusivamente nella torre, per le motivazioni già esplicitate, consistono nella previsione di una calotta estradossale armata, ancorata alle murature perimetrali, atte ad assorbire ulteriori aggravamenti dello stato fessurativo e ad impedire la sostituzione degli orizzontamenti compromessi. Tale intervento, contribuendo decisamente anche all’assorbimento ed alla distribuzione delle forze orizzontali, ha anche lo scopo di migliorare il comportamento antisismico della struttura.







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